«Fu il sole caldo a riva o fu il vento sulla vela?». Così una settantesca canzone di chiesa blaterava, ipotizzando le motivazioni che avevano spinto i discepoli a credere a Gesù. Ma forse è vero che, in un ritiro spirituale, Dio ci parla anche servendosi della nostra distrazione e del nostro stordimento.
Quando infatti padre Fabrizio ci predicava gli esercizi, la mia mente non pensava che a san Miro. Chi è san Miro?!?! San Miro è colui del quale padre Fabrizio, nel suo ritiro, senza saperlo, stava parlando.
«Che fai qui, Elia?» (1Re 19,13). Benedetto Giovio in una sua elegia latina, registrata dagli Acta sanctorum, parla di san Miro come di un “secondo Elia”, che ha il potere di volgere il cielo alle nubi di pioggia. Ma Miro è anche l’eremita che vive nella grotta sul monte e lì incontra Dio, come Elia, nel silenzio di una brezza leggera.
Il silenzio è ciò che si va a cercare nel deserto, nell’éremon, nella solitudine. E quando cala il silenzio dentro e intorno a noi, proprio allora la nostra anima comincia a popolarsi di voci amiche. Per questo l’eremo di san Miro è stato nei secoli meta di pellegrinaggi devoti, in cerca di un’armonia più profonda con il Creatore del nostro meraviglioso mondo e con questo suo amico. E qui risuona potente da parte di Dio un’altra grande domanda, che padre Fabrizio ci ha offerto: «Che cosa siete andati a vedere nell’eremo, nel deserto?» (Cfr. Mt 11,7).
Non venite a cercare, dice san Miro, il lusso della mondanità. Non venite a cercare qui uno che si piega al vento del secolo. No, ma uno che cerca l’eco immutabile dei millenni, la voce, sempre quella, che risuona nella roccia bagnata perennemente dal brivido: «Dio è amore» (1Gv 4,16).