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Nuovi cardinali

Lo scorso 28 novembre papa Francesco ha presieduto il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di tredici nuovi cardinali, tredici uomini che più intimamente si stringono attorno al successore di San Pietro per seguire e servire il Signore Gesù Cristo «perché siano sempre con Lui sulla sua strada»1.

Il momento più significativo del rito è il giuramento dei neoeletti, i quali promettono fedeltà e fortezza al successore del Principe degli Apostoli, usque ad effusionem sanguinis2, come recita l’antica formula. Ed è proprio a questo sangue versato per amore che si ispira il rosso degli abiti corali dei nuovi cardinali. Con questo segno i nuovi collaboratori del Papa non solo manifestano al mondo il loro amore profondo per la Chiesa di Dio affidata alle loro cure pastorali, ma anche simbolicamente si rivestono del sangue dei martiri che nel corso dei secoli hanno dato la vita per il Signore Gesù, il quale «rivela nei deboli la Sua potenza e dona agli inermi la forza del martirio»3.

Tuttavia, qualcuno forse avrà notato che nell’ultimo Concistoro tra il solenne rosso dei nuovi porporati si distingueva il marrone dell’abito cappuccino di uno dei neoeletti, il pluridecennale predicatore della Casa Pontificia padre Raniero Cantalamessa. Alcuni commentatori della stampa hanno descritto questo fatto, piuttosto appariscente, come indice di umiltà e semplicità in opposizione ai presunti fasti della nomina cardinalizia, vista né più né meno che un “avanzamento” nella carriera ecclesiastica.

In realtà, ascoltando la viva voce di p. Raniero Cantalamessa possiamo capire il significato di tale gesto: «Voglio morire con il mio abito francescano: cosa che difficilmente mi avrebbero permesso se fossi stato vescovo […] Considero la mia nomina come un riconoscimento dell’importanza della Parola di Dio, più che della mia persona, dal momento che il mio servizio alla Chiesa è stato e, per volere espresso di papa Francesco, continuerà ad essere ancora quasi solo quello di proclamare la Parola, a partire dalla Casa pontificia»4.

Cardinali e vescovi

Il caso del predicatore cappuccino ci permette di sottoporre alla nostra attenzione una questione interessante: ma tutti i cardinali sono o devono diventare vescovi? Che differenza c’è tra cardinali e vescovi?

Procediamo con ordine. In primo luogo, fu il papa san Giovanni XXIII con il motu proprio Cum Gravissima del 15 aprile 1962 a stabilire che tutti i cardinali avessero, o ricevessero poco prima dell’imposizione della berretta cardinalizia, l’ordinazione episcopale. I cardinali infatti, come recita il Codice di Diritto Canonico, «costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale»5.

Un altro discorso va fatto per il sacramento dell’Ordine, ripartito in tre gradi: diaconato, presbiterato ed episcopato. É il sacramento, come riporta il Catechismo della Chiesa Cattolica, «grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque, il sacramento del ministero apostolico»6. E in riferimento all’ordine episcopale (vescovi) specifica che «la consacrazione episcopale conferisce pure, con l’ufficio di santificare, gli uffici di insegnare e di governare. Infatti con l’imposizione delle mani e con le parole della consacrazione la grazia dello Spirito Santo viene conferita e viene impresso un sacro carattere, in maniera che i Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengano le parti dello stesso Cristo Maestro, Pastore e Pontefice, e agiscano in sua persona. Perciò i Vescovi, per virtù dello Spirito Santo, che loro è stato dato, sono divenuti veri e autentici Maestri della fede, Pontefici e Pastori»7.

Risulta quindi evidente che per la grave responsabilità che il cardinalato comporta, frequentemente i candidati vengano scelti tra i vescovi, che godono della pienezza del sacerdozio.

Ordine sacro e vita religiosa

Il caso di padre Cantalamessa mette in luce un altro grandissimo dono che il Signore ha fatto al popolo di Dio, ovvero il tesoro prezioso della vita consacrata.

Che differenza c’è tra preti/vescovi e religiosi?

Vi sono alcuni uomini e donne che nel corso dei secoli, fin quasi dalle origini del cristianesimo potremmo dire, hanno liberamente scelto di seguire le orme e la vita del Signore Gesù, vivendo in modo radicale le esigenze del Battesimo mediante la Professione Religiosa, ossia il voto pubblico davanti a Dio e a tutta la Chiesa, di vivere in obbedienza, senza nulla di proprio ed in castità, per manifestare al mondo «il mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli»8. Essa non è un sacramento bensì un “sacramentale”, ovvero una particolare forma di benedizione e dedicazione della persona a Dio, anche se molti tra coloro che professano i consigli evangelici ricevono poi, in base al carisma del loro Ordine o Congregazione, l’ordinazione diaconale e presbiterale. Il Concilio Vaticano II ha dedicato uno specifico documento alla vita consacrata, il cui titolo, Perfectae Caritatis, ben esprime l’essenza ed il fine della vita religiosa: la perfezione dell’amore, della carità.

Un’antica questione

É più perfetto essere frati o vescovi? Interessante è il punto di vista del nostro confratello san Tommaso d’Aquino, il quale, all’interno di una serie di riflessioni teologiche9 sulle caratteristiche, la qualità e la natura della vita consacrata, si chiede se sia più perfetto lo stato religioso assunto con la professione dei voti o la condizione episcopale.
Il padre domenicano Antonio Royo Marín, nella sua celebre opera “La vita religiosa”10, così riassume il pensiero dell’Aquinate:

«I vescovi sono posti in uno stato di perfezione più eccellente che quello dei religiosi, poiché hanno la missione di perfezionare il prossimo, cosa che i religiosi non sono obbligati a fare. Il vescovo deve esercitare la perfezione già acquisita (mediante l’Ordinazione Episcopale), mentre il religioso deve acquistare la perfezione che ancora non possiede (mediante la Professione Religiosa). I due stati, quello dei vescovi e quello dei religiosi, hanno origine dai due aspetti fondamentali della carità, cioè dai suoi due oggetti, che sono Dio ed il prossimo. L’amore verso Dio dà origine alla vocazione religiosa; l’amore per il prossimo è il fondamento dello stato di perfezione episcopale. E non si dica che, siccome l’amore verso Dio è più perfetto che quello verso il prossimo, anche lo stato religioso dovrà essere più perfetto di quello episcopale. Infatti come avverte San Tommaso i vescovi devono consacrarsi all’amore del prossimo per l’abbondanza del loro amore verso Dio»11.

Noi frati dell’Ordine Domenicano, stando alla nostra Costituzione Fondamentale, in quanto ordine clericale, affianchiamo i vescovi nella predicazione del Vangelo. Inoltre, anche i frati cooperatori partecipano, con la propria vita, a quest’opera. (Costituzione Fondamentale VI)

Concludiamo questa riflessione ricordando il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, san Domenico, che in questa occasione non ci sembra fuori luogo accostare alla situazione del padre Cantalamessa. Le antiche fonti dell’Ordine domenicano riportano infatti che il santo padre Domenico «due o tre volte fu eletto vescovo, ma egli sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi fratelli in povertà»12.


1 Omelia del S. Padre Francesco in occasione del Concistoro Ordinario Pubblico del 28 Novembre 2020.

2 Rito per la creazione di un Cardinale «rossa come segno della dignità del Cardinalato, a significare che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa».

3 Dal Prefazio dei Martiri del Messale Romano.

4 Intervista di Filippo Rizzi su Avvenire del 28 Novembre 2020.

5 Art. 349 del Codice di Diritto Canonico.

6 Art. 1536 del Catechismo della Chiesa Cattolica.

7 Art. 1558 del Catechismo della Chiesa Cattolica.

8 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, 25 marzo 1996, 1.

9 Tommaso d’Aquino, La perfezione cristiana nella vita consacrata, ESD, Bologna 1995, pp. 310-318.

10 Antonio Royo Marín, La vita religiosa, Edizioni Paoline, Roma 1968.

11 ivi, p. 201.

12 Libellus de Principiis O. P., Acta Canoniz. Sancti Dominici, Mist. 16, Romae 1935 pp. 30 ss. 146.

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