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Necessità della metafisica

In quest’opera, “Distinguere per unire. I gradi del sapere” di Jacques Maritain, pubblicata per la prima volta nel 1932 ed ampliata nelle edizioni successive, l’autore tenta di rispondere alla crisi della cultura europea riproponendo la metafisica, quale vertice del sapere umano, che trova il suo compimento in due saperi più alti, dati dalla fede e dalla visione beatifica. Il razionalismo, infatti, ha separato carne e spirito, sconnesso progressivamente la figura umana ed ha asservito l’uomo alla tecnica. Tuttavia, se l’inclinazione moderna – dominata dal nominalismo1 – va, per così dire, contro la natura dell’intelligenza, l’uomo ha ancora bisogno della verità, di verità da servire, non di verità che servono, ha bisogno della sapienza e la metafisica è la sapienza umana; essa dà unità al sapere razionale, ma, proprio perché è umana, essa è precaria, desta il desiderio dell’unione suprema, ma non lo soddisfa, poiché solo l’umanità di Cristo può soddisfarlo.

Scienza e filosofia

Maritain, dunque, dal secondo capitolo analizza tutto il sapere, dai gradi più bassi (biologia, fisica, scienze naturali, ecc.) ai più alti (mistica e visione beatifica) e, confrontando le scienze naturali con la filosofia della natura, distingue gli ambiti d’indagine dello scienziato e del filosofo. Le scienze non dipendono dalla filosofia nel loro sviluppo intrinseco, ma solo nel principio: la filosofia giustifica e difende i principii delle scienze e definisce la natura degli oggetti primi su cui esse operano. La filosofia assegna l’ordine che regna nelle scienze: sapientis est ordinare. Non c’è dipendenza formale della filosofia dalle scienze, ma c’è dipendenza materiale.

Il sapere razionale, poi, è analizzato alla luce di quello che egli definisce realismo critico, espressione che si riferisce alla concezione tomistica della conoscenza. In opposizione all’idealismo2, Maritain afferma che la critica della conoscenza non costituisce l’inizio della filosofia, ma è parte della metafisica, poiché spetta ad essa tornare sui principii delle scienze. Il realismo critico non identifica ingenuamente senso comune e realtà, ma purifica il senso comune e mostra la relazione tra cosa e pensiero, opponendosi alla visione moderna, che ha separato la cosa dal soggetto.

A partire dal realismo critico, l’autore considera gli sviluppi della scienza moderna ed afferma che la fisica usa enti fondati sul reale, che tuttavia sono enti di ragione, incapaci di esistere. Il fisico vuole penetrare i segreti della materia cogliendola nelle determinazioni osservabili e simbolizzandole matematicamente. Se, da un lato, le scienze sperimentali testimoniano che la natura è conoscibile, dall’altro non riescono a conoscerla se non in modo insufficiente.

L’ascesa a Dio

Nemmeno la filosofia della natura può scendere fino alle ultime diversità specifiche della natura corporea: l’essenza delle cose sensibili ci resta nascosta a causa della materia. L’intelletto umano ha come oggetto adeguato l’ente, ma il suo oggetto proprio è l’essenza delle cose materiali; conosce Dio solo per analogia e, tra le cose materiali, non può conoscere i singolari, se non indirettamente, per riflessione. Le proprietà degli enti corporei restano dunque inaccessibili e, al loro posto, vengono presi degli accidenti comuni misurabili. L’uomo deve ripiegarsi su questi surrogati empirici perché, in realtà, il suo oggetto proporzionato è l’uomo stesso. L’uomo parte dalla conoscenza del mondo per arrivare all’uomo e all’anima e, da lì, elevarsi alla conoscenza di Dio.

La metafisica sfocia dunque in una conoscenza sproporzionata alla nostra intelligenza, che c’è intelligibile solo per analogia. La metafisica è dunque la scienza più alta nell’ordine naturale, che riconosce Dio come causa prima; è una conoscenza per analogia. Al di sopra vi sono altre due sapienze. La prima è la teologia, che sviluppa razionalmente le verità rivelate; la sua luce è quella della ragione illuminata dalla fede ed ha come oggetto Dio in ciò che Egli ha di proprio. La terza sapienza è la visione beatifica, che conosce Dio per mezzo e nella sua stessa essenza. La teologia non è semplice applicazione della filosofia alla rivelazione, ma considera Dio dal punto di vista della rivelazione virtuale: è un chiarimento del dato rivelato mediante la fede vitalmente unita alla ragione, che progredisce a passo di ragione ed armandosi di filosofia. Al di sopra della sapienza teologica c’è la sapienza infusa (o teologia mistica), che consiste nel conoscere Dio secondo un modo soprannaturale. Si tratta non solo di apprendere, ma anche di patire le cose divine, di conoscere Dio per esperienza.

L’approfondimento del concetto tomistico di sapienza spinge Maritain ad affermare che essa non solo trae ispirazione dalla sapienza agostiniana, ma che vi è una tale armonia fra Agostino e Tommaso, che nessun sistema agostiniano, se autentico, può essere in contrasto col tomismo.

Una filosofia cristiana

Si può definire la filosofia cristiana come una sapienza, dalla parte dell’oggetto, in accordo con le verità rivelate. Questa filosofia, pur seguendo un metodo filosofico, si farà una concezione della natura e della ragione aperta al soprannaturale. Di fatto, questa filosofia domanda di svilupparsi, nel soggetto, in connessione con la fede e la teologia, le quali la confortano e la consolidano dall’alto per mezzo della contemplazione.

Il vertice di questo percorso è costituito dalla contemplazione infusa, che è un sapere incomunicabile. Qui il filosofo francese confronta la dottrina tomistica con quella di san Giovanni della Croce e definisce il sapere di san Tommaso come una scienza speculativamente pratica: tratta dell’attività suprema – la contemplazione – dal punto di vista della teologia dottrinale. La scienza di san Giovanni della Croce, invece, è praticamente pratica: non solo dice cos’è la perfezione, ma ci conduce ad essa. Essa suppone quella di Tommaso; è un’estensione pratica della teologia, dove intervengono l’esperienza mistica e i doni dello Spirito Santo. San Giovanni si muove a partire da principii tomisti, ma con un registro diverso: ontologico in Tommaso (la contemplazione è l’attività più alta), esperienziale in Giovanni (la contemplazione è un non-agire, perché sospende le attività di modo umano).

La lunga disamina sul sapere umano si conclude descrivendone la sua forma più alta. Maritain, così, risponde alla domanda iniziale: la cultura europea è in crisi profonda, ma l’uomo è sempre assetato di verità e questa può derivargli solo da Dio, ma in gradi diversi. La subalternazione tra le scienze, dunque, non le svilisce, ma dà loro l’orientamento corretto, fondato sull’armonia tra fede e ragione.

Jacques Maritain, Distinguere per unire. I gradi del sapere, trad. it. E. Maccagnolo, Morcelliana, Brescia 1981, 29,75 €.


1 Teoria filosofica che considera i concetti universali come semplici nomi che raggruppano molteplici individui e nega qualsiasi fondamento reale ai concetti. Secondo i nominalisti, poiché esistono solo i singoli individui, qualsiasi pretesa di conoscere la realtà per mezzo di concetti astratti è illusoria.

2 Secondo questa filosofia non si può pensare che le cose esterne a noi esistano così come le pensiamo, ragion per cui la riflessione sulla conoscenza umana deve partire dal modo di conoscere la realtà e non dalla conoscenza della stessa.

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Fra Paolo Peruzzi, nato a Verona nel 1990, diplomatosi al liceo classico, nel settembre 2016 ha emesso la professione semplice nell'Ordine dei frati predicatori. Attualmente studia Teologia, dopo aver ottenuto il baccellierato in Filosofia presso lo Studio filosofico domenicano di Bologna. Per contattare l'autore: fr.paolo@osservatoredomenicano.it