Due tipi di santo
Ci sono due tipi di santi. Quelli che nascono già santi, devoti, pii, buoni: mai un peccato dalla culla alla tomba. Sono i santi irraggiungibili, da ammirare da lontano. Poi c’è chi santo lo diventa, con i suoi difetti, le sue debolezze, il suo pessimo carattere. Queste sono le storie dei santi che mi piacciono di più, perché sono emozionanti, perché danno speranza. La vita di fra Giuseppe Girotti, domenicano, beatificato nel 2014, appartiene a questa seconda categoria.
Nasce ad Alba nel 1905. È un ragazzino sveglio, a cui piace studiare. Ascolta un domenicano predicare in duomo. Poi, lo avvicina e gli comunica il desiderio di diventare anche lui un predicatore. “Lo dico alla mamma e vengo”, dice.
Da subito rivela una grande passione per la Sacra Scrittura. Si mette alla scuola di Marie‑Joseph Lagrange, che lo trasforma in un esegeta raffinato. Il suo commento ai Libri Sapienziali e a Isaia non sono gelide disamine filologiche. Girotti non è – solo – un filologo. Nei suoi commenti ci mette la vita. Questo libro – La carità segreta, scritto da p. Massimo Negrelli op – ne è una magnifica dimostrazione.
La vita comune non è proprio il suo forte. Sempre in ritardo agli atti comuni, trasandato, al centro dei conflitti che attraversano la sua provincia religiosa. Fuma persino la pipa. Due volte rischia di essere espulso. Viene sospeso dall’insegnamento e ne esce, alla fine, sottomettendosi agli ordini dei superiori.
La santa trasandatezza
Ma proprio qui sta uno dei miracoli di Dio, che ci accompagnano alla santità, non cancellando la nostra natura, ma purificandola e perfezionandola; egli permette la nostra debolezza, per ricolmarci di un bene più grande: la sua trascurata non‑curanza della regola religiosa trasfigura, diventa eroica non‑curanza di leggi ingiuste.
Frate sempre generosissimo, pronto ad aiutare volentieri anziani e poveri, dopo la promulgazione delle leggi razziali si prodiga nell’aiuto agli ebrei piemontesi perseguitati. Nel suo Commento al Siracide, scrive:
“E’ cosa relativamente facile aiutare i poveri con le proprie sostanze, e riceverne benedizioni da Dio e dagli uomini: ma la carità comandataci dal Sapiente è incomparabilmente maggiore e più difficile, perché egli vuole che ci accingiamo a sostenere i deboli contro quelli che li opprimono, e vuole che ciò facciamo con una risoluzione così costante da sopportare placidamente tutte le amarezze, tutte le pene, tutte le traversie, tutte le diffamazioni e tutte le violenze che possono ricadere su di noi in una tale caritatevole impresa“.
Tradito, è arrestato, incarcerato, deportato a Dachau. E lì, nel campo di concentramento, Girotti dà prova di quanto la Scrittura, che aveva tanto studiato, fosse diventata carne della sua carne. Quando, arrivati al lager, gli ordinano di spogliarsi, si volge ai suoi compagni di sventura, non dicendo altro che: “Siamo alla decima stazione della via Crucis, coraggio!”.
Le parole che aveva scritto sul Cantico del Servo di Adonai si rivelarono autenticamente profetiche:
“Che mi importa se gli uomini sono contro di me, se Dio è per me? Se lo stesso Figlio di Dio è stato accusato ingiustamente ed ha rimesso la sua innocenza tra le mani del Padre suo, deve essere per una gloria grande poter avere parte al modo con cui Egli fu trattato dagli uomini.
E una speranza divina allarga gli orizzonti della vita, una forza intimamente potente dà un senso luminoso alla travagliata storia delle anime che passano, lungo i secoli, dinanzi al Servo di Jahve“.
Muore a Dachau, il primo aprile 1945, Pasqua del Signore e una mano anonima scrisse sul montante della sua cuccetta: Qui giaceva san Giuseppe Girotti.
Massimo Negrelli, La carità segreta, Ed. Studio Domenicano, Bologna 2017, pp. 240, 18 Euro.
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