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Nel corso degli otto anni del suo pontificato (1914-1922) egli dovette assistere, come Pastore dei popoli, all’inutile strage che si consumava sotto i suoi occhi; i tentativi per il raggiungimento della pace, condotti secondo i mezzi diplomatici convenzionali e non convenzionali, non ebbero successo; riuscirono invece maggiormente le opere di carità del papa nei confronti dei dispersi e dei prigionieri di guerra.

Stiamo parlando di Benedetto XV, al secolo Giacomo Della Chiesa, nato a Genova nel 1854 ed eletto al soglio petrino il 3 settembre 1914, all’indomani della morte del santo papa Pio X, mentre si profilavano all’orizzonte europeo le minacciose nubi di un conflitto senza precedenti.

Di Della Chiesa, che fu arcivescovo di Bologna dal 1907 al 1914, vogliamo in queste pagine porre in rilievo un aspetto particolare e non molto noto: il suo sorprendente legame con l’Ordine Domenicano.

L’anniversario

Esattamente un secolo fa, nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno 1921), Benedetto XV, promulgava la sua ultima enciclica dal titolo Fausto appetente die, in occasione del settimo centenario della morte di san Domenico di Caleruega.

Il Lettore ci dirà: «Bene, auguri!» e probabilmente avrà avuto notizia che l’Ordine dei Predicatori celebra, in quest’anno, l’ottavo centenario dalla morte del Santo Fondatore, le cui spoglie mortali sono venerate qui a Bologna.

Pochi, tuttavia, sanno che lo stesso Benedetto XV fu terziario dell’Ordine di San Domenico e che, da papa, profuse le sue energie nella diffusione dell’Ordine mediante esortazioni ed encicliche. In tal senso la Fausto appetente die è solo l’ultima manifestazione ufficiale dell’affetto di Giacomo Della Chiesa per il Santo e la sua fondazione religiosa.

Un arduo pontificato

Consideriamo lo scenario politico ed economico dell’epoca di Benedetto XV: la Prima Guerra Mondiale aveva infuriato per continenti e mari del mondo intero e si era conclusa consegnando alle genti la sua triste eredità di morti, invalidi, distruzioni e dissesti economici nazionali; si era passati attraverso la dissoluzione di quattro imperi; a causa dell’instabilità economica e politica della Germania nel 1921 Adolf Hitler avrebbe assunto la guida dell’allora sconosciuto Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi; Benito Mussolini, in Italia, avrebbe fondato, nel novembre dello stesso anno, il Partito Nazionale Fascista. In Russia la Rivoluzione d’Ottobre aveva portato al potere i bolscevichi guidati da Lenin e causato una guerra civile (1917-1922) dai risvolti terribili per il popolo e, in particolare, per i cristiani nei territorio dell’ex impero zarista.

Negli anni del pontificato di Benedetto XV, la Chiesa conobbe un rinnovato slancio missionario: nell’enciclica Maximum illud (1919) il papa offre una sorta di guida per la buona riuscita dell’attività missionaria, a livello politico (indipendenza delle missioni dalle potenze coloniali), a livello culturale (accurata preparazione del missionario in discipline sacre e profane) e a livello ecclesiale (formazione di clero locale non missionario e istituzione di strutture amministrative ecclesiastiche stabili).

Si deve, inoltre, a Benedetto XV l’attenuazione dell’eccessivo rigore nella battaglia contro il modernismo – definito dal predecessore Pio X nella Pascendi Dominici gregis «sintesi di tutte le eresie» – nonché la pubblicazione nel 1917 del Codice di Diritto Canonico, che sostituiva così il complesso sistema di raccolte di norme giuridiche del Corpus Iuris Canonici.

Del rapporto di Giacomo Della Chiesa col Santo di Caleruega rimangono alcune tracce nei suoi scritti da Romano Pontefice, nelle testimonianze di storici domenicani e nelle raccolte di notizie ed eventi proprie dell’Ordine, ma anche in una lettera, fino ad oggi inedita, conservata nell’Archivio Storico provinciale di Bologna.

L’arcivescovo “confratello in san Domenico”

Lo storico domenicano Angelo Walz (1893-1978), nel Compendium historiae Ordinis Praedicatorum, afferma, collocandola nel 1909, l’iscrizione dell’allora Arcivescovo di Bologna tra le file del Terz’Ordine di San Domenico1.

Notizia confermata in due riviste: Memorie domenicane e Analecta Sacri Ordinis Praedicatorum. Nella prima, fondata nel 1884 e curata dai frati Predicatori quale raccolta annuale di notizie, eventi, almanacchi e articoli su santi e tematiche domenicane, al numero pubblicato per il 1909 si legge2:

«La festa di S. Domenico […] ebbe quest’anno un carattere particolare per la partecipazione alle sacre funzioni di Mons. Scapardini, e per l’ammissione nel nostro Terz’Ordine dell’Arcivescovo di Bologna, Mons. Giacomo Della Chiesa. […] Le funzioni ebbero principio Martedì sera (3 agosto) coi primi vespri solenni e ieri mattina prima della messa della Comunione Generale […] venne fatta la vestizione e quindi la professione dell’Ecc.mo nostro Arcivescovo come terziario domenicano, cerimonia eseguita dall’ Ecc.mo Mons. Scapardini domenicano come nuovo vescovo di Nusco […]. Presenziavano alla cara cerimonia, celebrata nella Cappella del Santo, i PP. Domenicani, le suore domenicane e buon numero di terziari e terziarie nonché molti fedeli. […] Durante la giornata venne dall’Arcivescovo spedito un telegramma […] al Generale dell’Ordine annnunziantegli la sua ascrizione al terz’ordine domenicano».

La vestizione e l’ascrizione al Terz’Ordine, dunque, possono esser fatte risalire con certezza al 4 agosto 1909, giorno a Bologna dedicato alla solennità del Santo Padre Domenico.

Analecta Sacri Ordinis Praedicatorum è invece la raccolta ufficiale, a partire dal 1893, di tutto ciò che riguarda la vita dell’Ordine domenicano all’interno della Chiesa. Vi sono i pronunciamenti del papa, delle Congregazioni, le lettere del Maestro dell’Ordine, gli atti dei capitoli, articoli sulla storia e la liturgia dell’Ordine e le notizie dell’andamento delle missioni in tutto il mondo, per citare in minima parte i contenuti dei volumi annuali.

Nel volume relativo all’anno 1909, si trova la conferma dell’evento: la data è proprio quella del 4 agosto 1909 e il testo3, tradotto dal latino, recita:

«Nel giorno 4 agosto 1909, consacrato al santissimo Padre Domenico, nella chiesa eretta sotto il suo patrocinio e all’altare dove sono conservate le sue venerabili reliquie, l’Eccellentissimo e Reverendissimo signor Giacomo Della Chiesa, arcivescovo di quella città [Bologna], ha preso l’abito del nostro Terz’Ordine, in cui subito ha emesso la professione […]».

Come ulteriore conferma dell’appartenenza di Giacomo Della Chiesa al Terz’Ordine dei Predicatori è stata rinvenuta una lettera autografa nell’Archivio Storico provinciale di Bologna4, contenente i fondi relativi al convento bolognese, alla provincia “Utriusque Lombardiae” (comprendente Lombardia, Emilia, Marche e Triveneto) e ad altre realtà domenicane del passato.

In questa lettera, datata 28 aprile 1914 e indirizzata al padre Egidio M. Guinassi, priore provinciale della provincia “Utriusque Lombardiae”, Giacomo Della Chiesa, un mese prima della ricezione della porpora cardinalizia, fa sentire la sua vicinanza agli organizzatori del Congresso del Terz’Ordine Domenicano, che si sarebbe tenuto proprio nella sua città. Il testo della lettera è questo5:

«Reverendissimo Padre Provinciale, sono vivamente grato alla P. V. rev.ma ed ai suoi degnissimi Confratelli, radunati per deliberare intorno al futuro congresso del Terz’Ordine Domenicano, dei cortesi sentimenti espressimi nell’occasione dell’annunzio della mia prossima elevazione al Cardinalato. E mi compiaccio che mi si presenti nuovamente l’occasione di confermare tutta la mia benevolenza alla famiglia Domenicana, pregustando già la viva soddisfazione di partecipare e cooperare alla riuscita del Congresso del Terz’Ordine che la mia Bologna avrà l’onore di ospitare. Frattanto pregandola di rendersi interprete di questa mia benevolenza e gratitudine presso i firmatari dell’indirizzo, ho il piacere di raffermarmi con distinta stima
Della P. V. rev.ma aff.mo confratello in S. Domenico
+ Giacomo arcivescovo di Bologna».

Nel firmarsi, l’Arcivescovo di Bologna adopera il termine confratello, segno della formale appartenenza all’Ordine. La lettera, poi, dimostra la benevolenza sincera del Pastore di Bologna nei confronti dei frati e dei laici terziari tramite la cooperazione per l’organizzazione del congresso.

Il papa col cuore all’Arca del Santo

Nel 1920, papa Benedetto torna a rivolgersi ai confratelli del Terz’Ordine, indirizzando una lettera alla direzione del periodico Il VII Centenario di S. Domenico. La lettera autografa6 è conservata nell’Archivio Storico provinciale di Bologna e recita:

«L’approssimarsi del settimo centenario della gloriosa morte di S. Domenico, ed il sorgere di un periodico che prepari i fedeli alla celebrazione delle secolari onoranze, conciliando a queste lo splendore onde sono degne, destano nel cuor Nostro motivi di compiacimento di indole generale e di indole personale. Come Pontefice, infatti, Noi non potremmo non gioire di una data e di un avvenimento che Ci richiamano alla memoria gli immortali servigi che San Domenico ha resi alla Chiesa, e che Innocenzo III ed Onorio III intuirono dallo sguardo divinamente illuminato ed infiammato dell’Atleta di Cristo. Ma come antico Arcivescovo di quella dotta ed a Noi tanto cara Città, cui, come a prima Nostra sposa, demmo intero, ahi! per troppo brevi anni, il Cuor Nostro, Noi ci sentiamo particolarmente felici della centenaria ricorrenza e della nobile premura di chi si appresta a commemorarla. Poiché se Calaroga si gloria dei natali terreni, la Nostra Bologna ben va fiera dei natali celesti del grande Patriarca; e l’arca del Santo, anche Noi, come ogni Bolognese geloso delle patrie memorie, considerammo allora Nostro tesoro e Nostro vanto, come la consideriamo anche oggi fonte per Noi di spirituale salute e garanzia di immancabile guida, per aver ricevuto dinanzi ad essa la grazia della Nostra aggregazione al Terz’Ordine Domenicano, in virtù dello speciale privilegio che agli arcivescovi di Bologna comporta, di cumulare tale ascrizione con l’altra già da Noi posseduta, del Terz’Ordine Serafico. Torni adunque dalla taumaturga Arca di Bologna, torni dal Cielo, torni, come per opportuno mezzo, dalle pagine del periodico del VII Centenario, la figura di S. Domenico a rifulgere sulla odierna società, bisognosa più di quella del XIII secolo di essere preservata e sanata non solo dal contagio della eresia, ma anche dalla corruzione del costume. Ed il Santo ed i seguaci suoi tutti, così degli Ordini da lui fondati come delle innumerevoli schiere dei suoi devoti, ricordino oggi colla parola e coll’esempio come essi siano chiamati, al pari degli apostoli, a meritare il titolo di “predicatori”, ed a corrispondere al comando di Cristo: “Andate e predicate a ogni creatura”.
Dal Vaticano, 15 agosto 1920 Benedictus PP. XV».

Sebbene lo stile con cui tale lettera è stata redatta sia conforme ai canoni pontifici, traspare da ogni parola l’uomo Giacomo Della Chiesa e il suo affetto per san Domenico e la Chiesa bolognese che ne accoglie le venerande reliquie e della quale è stato pastore. Il papa sottolinea il valore, per così dire, quasi “patriottico” che il Santo riveste per la città di Bologna; valore presente ai bolognesi sin dalla traslazione delle spoglie del santo dalla sua prima sepoltura alla cosiddetta Arca.

Infatti, nel Libellus de principiis Ordinis Fratrum Praedicatorum del Beato Giordano di Sassonia, al numero 127 si legge: «Ecco giunto il celebre giorno in cui si effettua la traslazione dell’eminente maestro [san Domenico]. […]. Assiste pure una innumerevole folla di devoti provenienti da ogni parte e sono presenti anche milizie armate dei bolognesi, per impedire che qualcuno trafughi quel corpo santissimo che li protegge»7.

Sin dai primi sette anni dopo la morte del Santo, dunque, si percepiva da parte dei bolognesi la protezione che san Domenico elargiva; quasi settecento anni dopo, colui che fu pastore della Diocesi petroniana riconosceva questa protezione per Bologna e per sé.

In quanto Sommo Pontefice della Chiesa universale, Benedetto XV ribadisce l’utilità dell’Ordine di san Domenico anche per il suo tempo e, potremmo dire, per tutti i tempi fino alla parousìa. Tale utilità si esplica nel servizio alla Santa Chiesa in campo dottrinale e morale, servizio che i frati, le suore e i laici terziari, secondo i loro status, devono prestare con parole ed esempi.

Come Successore di san Pietro, oltre all’enciclica Fausto appetente die, si ricordano due exhortationes ad populum christianum datate 4 agosto e 6 settembre 1919, nelle quali si esorta il popolo cristiano e «quanti amano la santificazione propria e quella del prossimo»8 a entrare nell’Ordine dei Predicatori in qualità di frate, monaca e terziario.

Ad ulteriore testimonianza della familiarità del Pontefice coi figli di san Domenico, nell’esortazione datata 4 agosto si legge: «Noi […] ben conosciamo, altamente apprezziamo e paternamente amiamo l’illustre e benemerita famiglia Domenicana»9.

Un “testamento” per l’Ordine

Ci è parso giusto e onorevole, in occasione dell’ottavo centenario della morte di san Domenico, riscoprire e porre all’attenzione del lettore lo stretto legame tra Giacomo Della Chiesa, poi Benedetto XV, e l’Ordine dei Predicatori, legame percepito saldo e inscindibile da entrambi gli attori e fondato proprio sulle spoglie mortali del Santo, custodite nella basilica a lui dedicata in Bologna.

Giusto, perché è giusto e pietoso far memoria di un uomo che ha tanto beneficato, prima da arcivescovo, poi da papa, l’Ordine dei Predicatori.

Onorevole, poiché l’Ordine di san Domenico, e soprattutto i suoi figli appartenenti alle fraternite laiche, possano gloriarsi di aver avuto tra i propri ranghi una così importante figura, che seppe condurre la Chiesa durante il primo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra, in quei tempi da lui stesso definiti calamitosi.

Vogliamo concludere il nostro scritto con le parole del Santo Padre e confratello in san Domenico contenute nella sua enciclica Fausto appetente die, a mo’ di augurio e di esortazione per tutti i membri dell’Ordine e per gli uomini e le donne di buona volontà:

«Perciò i Domenicani hanno dischiuso davanti a sé un campo d’azione quasi infinito, dove possono operare in modo assai utile per il bene comune. Conseguentemente Noi esortiamo quanti appartengono a tale Ordine a rinnovarsi in queste feste centenarie sul modello del loro santo Fondatore, e a diventare sempre più degni del loro grande Padre. Ovviamente, coloro che appartengono al primo Ordine daranno l’esempio, in proposito, agli altri, applicandosi con sempre maggior zelo alla predicazione della parola di Dio al fine di aumentare l’ossequio al successore di San Pietro, la devozione alla Vergine Madre e la conoscenza della verità. Ma anche dai Terziari Domenicani molto si aspetta la Chiesa se, conformandosi sempre più allo spirito del loro Patriarca, cercheranno d’istruire i figli del popolo nella dottrina cristiana. Noi desideriamo e Ci auguriamo che molti di loro si dedichino con assiduità a tale apostolato: si tratta infatti di cosa della massima importanza per la salvezza delle anime»10.


1 Cfr. A. M. WALZ O.P., Compendium historiae Ordinis Praedicatorum, Libreria Herder, Roma, 1930, p. 541.

2 Cfr. AA.VV., Memorie Domenicane, Firenze, 1909, v. 11, p. 551.

3 Cfr. AA.VV., Analecta sacri Ordinis Praedicatorum, Roma, 1909, fasc. IV, p. 261.

4 La dicitura completa dell’ente è: Archivio Storico Domenicano di Bologna (ASDB).

5 ASDB, VI 65050, doc. n. 12.

6 ASDB, III 180, doc. n. 15.

7 P. LIPPINI O.P., S. Domenico visto dai suoi contemporanei, Tamari, Bologna, 1966, p. 126.

8 AA.VV., Analecta sacri Ordinis Praedicatorum, Roma, 1919, fasc. III, p. 145.

9 Ibidem.

10 BENEDICTUS XV, Fausto appetente die, 29 giugno 1921.

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Nato e cresciuto tra la campagna ubertosa di ulivi e il mare del “tacco dello Stivale”, allevato mediante storie, esempi e tanta musica d’altri tempi, dopo aver cercato le ragioni ultime dell’esistenza nelle realtà mutevoli a tutti gli ordini di grandezza sperimenta la misericordia di Dio nella Passione del Verbo Incarnato; sedotto dal sì del Cristo, emette la professione semplice il 12 settembre dell’Anno del Signore 2020 nell’Ordine dei Predicatori, sotto la protezione particolare di San Tommaso d’Aquino e san Raimondo da Penyafort.