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Attendere e ricordare: il tempo di Avvento

Con oggi l’Avvento apre le porte e ci dischiude il cammino che porta al Natale. Comincia così il nuovo anno liturgico, nel quale contempleremo i misteri della vita di Cristo.

Due sono i verbi che meglio descrivono il tempo di Avvento: attendere e ricordare.

Si tratta di attendere: l’arrivo del Natale, quando rivivremo nell’oggi della liturgia la nascita di Cristo a Betlemme; il ritorno di Cristo nella gloria, nella parusia, alla fine dei tempi quando i nostri corpi risorgeranno per la vita eterna o per la condanna definitiva. Attendere non è solo aspettare (che vuol dire “guardare a”), è qualcosa di più: è tendere col cuore e con la mente verso Colui che deve venire, verso Gesù salvatore.

Ma l’Avvento è anche un ricordare, un grato far memoria delle magnifiche opere che Dio ha compiuto nella storia della salvezza sin dall’antico Israele per arrivare alle meraviglie da Lui operate nella Chiesa e nella vita di ciascuno di noi. Abbiamo in questo come maestra Maria Santissima, madre di Dio e madre nostra, che contempla e serba nel cuore il piano di Dio; lei, che ha portato in grembo per nove mesi l’Autore della vita, Colui che neppure l’universo intero riesce a contenere!

Ricordare, cioè far riaffiorare nel cuore. La memoria delle cose belle è, nella vita di ciascuno di noi, la più potente motivazione per proseguire il cammino; la memoria della grandi cose che Dio ha compiute per noi è fonte di gioia e speranza.

Da religiosi, da Domenicani, nel vivere i nostri voti ricordiamo le grandi cose che Dio ha compiuto per noi e siamo protesi al pieno compimento del regno di Dio, rammentando, con la nostra esistenza e con le nostre parole, a tutti gli uomini la necessità di tale beata attesa.

Attendere e ricordare: la vita consacrata

Queste due dimensioni, altamente contemplative, dell’attendere e del ricordare sono due pilastri di quel peculiare stato di vita che viene chiamato “consacrazione religiosa”, caratterizzato dai tre voti di obbedienza, castità e povertà. Come ricorda il nostro confratello san Tommaso d’Aquino:

«Come con il battesimo l’uomo unendosi religiosamente a Dio con la fede muore al peccato, così mediante i voti religiosi non solo muore al peccato, ma anche muore al secolo, per vivere unicamente per Dio in quella forma di attività cui si è votato. Poiché come con il peccato viene eliminata la vita di fede, così con le occupazioni secolaresche viene compromesso il ministero, o servizio di Cristo, secondo le parole dell’Apostolo (2Tm 2,4): “Nessuno che presta servizio a Dio si interessa di faccende secolari”. Perciò mediante i voti religiosi si fa la rinuncia a quelle cose che maggiormente assorbono l’animo umano e impediscono il servizio di Dio. La prima di esse e la più importante è il matrimonio, come si accenna in 1 Cor 7,32-33: “[…] Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere a Dio; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie e si trova diviso”.
La seconda è il possesso dei beni terreni, come accenna il vangelo (Mt 13,22): “La preoccupazione del mondo, e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto”. […]
La terza cosa che causa preoccupazioni è la propria volontà, perché chi è arbitro del suo volere è preoccupato di indirizzare la propria vita; ecco perché ci viene consigliato di abbandonare la nostra condotta alle disposizioni della divina provvidenza, secondo l’ammonimento della Scrittura (1Pt 5,7): “Gettate in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” […]»1.

Con questi tre voti, l’uomo offre a Dio il proprio corpo, i propri beni esteriori, addirittura la propria volontà, si consegna tutto a Lui per testimoniare la sua sovrana bontà e attendere la divina rimunerazione, che comincia già ad essere copiosamente elargita in questa vita, dove silenziosamente si espande il regno di Dio.

Attendere e ricordare: la santa liturgia e la vita domenicana

Dio cammina con noi nella storia e ci fa in un certo qual modo partecipare alla sua beata eternità soprattutto attraverso la santa liturgia.
La forza della liturgia della Chiesa che ogni anno ci propone di vivere il tempo di Avvento ci permette di ricordare e attendere il Cristo.

Ecco perché, anche al di là dei cosiddetti tempi forti dove ciò risulta più manifesto, la santa liturgia è il cardine della vita domenicana, come leggiamo nel libro delle Costituzioni dei Frati Predicatori, sulle quali i frati del nostro Ordine fanno la loro professione di vita religiosa:

«I frati seguano l’esempio di san Domenico il quale, in casa e in viaggio, di giorno e di notte, era assiduo nel l’ufficio divino e nell’orazione, e con grande devozione celebrava i misteri divini.
Per volontà esplicita di san Domenico, la solenne e comune celebrazione della liturgia è da annoverarsi tra i compiti principali della nostra vocazione.
Nella liturgia, e soprattutto nell’Eucaristia, i frati partecipano e contemplano quel mistero della salvezza che in essa si attua e che annunciano agli uomini con la predicazione, affinché per mezzo dei sacramenti della fede vengano incorporati a Cristo.
Nella liturgia, i frati, insieme con Cristo, rendono gloria a Dio per l’eterno disegno della sua volontà e l’ammirabile
dispensazione della grazia, e supplicano il Padre delle misericordie per tutta la Chiesa, per le necessità e la salvezza di tutto il mondo. La celebrazione della liturgia costituisce quindi il fulcro e il cuore di tutta la nostra vita, che in essa trova il primo fondamento della sua unità»2.

Pieni di gratitudine nel ricordo dei prodigi che Dio ha fatto per noi e vigilanti nell’attesa, camminiamo con perseveranza nell’Avvento che ci sta davanti perché possiamo giungere anche noi, nelle concrete vicende della nostra vita, a Betlemme. Ivi gusteremo nella notte santa l’incontenibile gioia dei pastori, primi testimoni e annunziatori della venuta del nostro Salvatore, Cristo Signore.
E chissà che qualche lettore non possa esser solleticato dall’idea di dedicare la vita all’unico annuncio che salva…


1 TOMMASO D’AQUINO, Contro gli avversari del culto di Dio e della vita religiosa in La perfezione cristiana nella vita consacrata, ESD, Bologna 1995, p. 35.

2 Cfr. Libro delle Costituzioni e delle Ordinazioni dell’Ordine dei Frati Predicatori, nn. 56 e 57.

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Nato tra le maestose giogaie trentine nel maggio 1996, cresciuto tra i boschi e campi di un grazioso paesino dell’alta Valsugana (sì, quella della canzone degli alpini…), dopo la maturità scientifica, indeciso se entrare in seminario diocesano, si orienta infine alla vita claustrale delle bianche lane. Ha emesso professione semplice nel settembre 2019 e attende ai filosofici studi.