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Oggi la Chiesa ricorda con gioia il concepimento immacolato di Maria. Davanti a questo dogma della Chiesa sorge in taluni quasi una intolleranza alla tematica. Sembra, infatti, che tutto ciò che sia dogma, sia per sua natura un “peso” sulle spalle dei credenti; un “fardello” che impedisca alla loro fede di essere libera. In altri, invece, nascono giustamente alcune domande: Qual è il suo significato? Ma, soprattutto, perché la Chiesa celebra in modo così solenne questa festa che sembra così distante da noi e sembra non riuscire a toccare i nostri problemi? È necessario, prima di rispondere direttamente a queste domande, guardare innanzitutto a Maria. Solo così si potrà descrivere, per quanto sia possibile ad un uomo, la grandezza del mistero di Dio: «Quanta gioia nel vedere la grandezza dell’opera di Dio, la grandezza e la bellezza della sua grazia che si manifesta nella bellezza interiore di Maria! […] Non si può rimanere indifferenti davanti alla grandezza di Maria, non si può non benedire, lodare e predicare Iddio che è stato così grande nel darci Colei che non solo è la Madre di Cristo, ma in Cristo è anche Madre nostra!»1.

Ecco! Inizia già a scemare un po’ l’oscurità che sembrava avvolgere questa festa: Maria ha accolto Cristo per noi ed è piaciuto a Dio passare per Maria per poter portare la salvezza a tutta l’umanità. Così fu Dio stesso a porre Maria come madre della Chiesa per ricorrere a lei ogni qual volta avevamo bisogno, perché con la sua dolcezza ci potesse riportare a Cristo. Dato un rapido sguardo alla grandezza della Vergine Maria, ora dobbiamo cercare di capire, per quanto ci sia possibile, cosa significhi Immacolata Concezione: Maria «fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale»2. Questa verità di fede è contenuta nelle parole che l’arcangelo Gabriele rivolgerà a Maria: «rallegrati piena di grazia, il Signore è con te»3.In queste due brevi citazioni sono due le parole che si oppongono l’una all’altra: peccato e grazia. Il primo argomento di cui parleremo brevemente è il peccato.

Il peccato

Parlare di peccato ci sembra una parola troppo grave da usare per le nostre “piccole manchevolezze”. Dopo tutto non rubiamo a nessuno o a nessuno che ne ha davvero bisogno, non abbiamo mai ucciso nessuno, abbiamo sempre cercato di evitare i guai, standocene tranquilli nelle nostre calde dimore. Allora, perché dovremmo chiamare queste nostre “piccole manchevolezze”, peccati? Non sarebbe meglio chiamarle semplicemente mancanze o, se si preferisce, propositi di miglioramento? E poi, dopotutto, non è soltanto colpa nostra, ma anche degli altri, della società di oggi, dello stato, delle condizioni di vita, della salute… Insomma di tutto ciò che ci circonda. Questo, però, se facciamo attenzione, lo applichiamo molto volentieri a noi, poco volentieri o per nulla agli altri. Difatti, se qualcuno mi fa anche un piccolo torto, sia fatto per sbaglio o volontariamente non m’interessa, è con grande difficoltà che non firmo già la sentenza della sua condanna, ma lo perdono. Il cardinal Biffi in un’omelia sostenne questa posizione: «Per l’uomo moderno il peccato è sempre degli altri: egli parla continuamente di diritti, cioè sottolinea le inadempienze altrui; non parla mai di doveri, vale a dire rifugge dall’esaminarsi sulle inadempienze proprie […]. Addirittura, per l’uomo moderno il peccato pare non esista più; o, in ogni caso, è giudicato un fenomeno irrilevante»4.

Anche se cambieremo il nome, anche se additeremo agli altri le colpe, senza più guardare a noi stessi, anche se cercheremo con tutte le nostre forze di non pensarci, il peccato rimane. Esso è «una triste ed universale realtà»5; ci chiude in noi stessi, ma così facendo smettiamo d’amare, guardiamo soltanto al nostro proprio interesse; esso ci porta, se non interviene il perdono e il pentimento, ad essere distolti da Dio, a volgere le spalle al suo infinito Amore, pensando di poter trovare il bene fuori da Dio: il sommo bene. Questa è la vera tragedia del peccato. Sarebbe davvero comodo e utile, si immagini soltanto quanta fatica si risparmierebbe, pensare che i nostri errori non abbiano conseguenze su noi stessi e sugli altri: «Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto?»6. Ci rattrista sempre parlare del peccato: esso ci riporta alla mente le nostre ferite, ci fa riscoprire miseri e deboli. Allora, perché parlarne? Non sarebbe davvero meglio fare finta che non esistesse? «Non abbiate paura […], perché ve l’ho già detto tante volte, bisogna avere il coraggio di pensare alla tristezza, alla tragedia del peccato, per renderci conto come è grande la nostra salvezza»7.

La grazia

Ecco il motivo! Allora possiamo fermarci davvero senza paura a vedere le nostre miserie, perché l’amore di Dio ha già vinto tutto e ora pazientemente aspetta che i suoi figli si volgano a Lui per chiedere il suo perdono. E, appena essi lo faranno, Cristo subito correrà loro incontro, li abbraccerà e donerà loro la sua grazia. La grazia! Ecco cosa ci dona Cristo ogni volta che, pentiti, torniamo a lui. Essa è quella realtà che ha superato il peccato: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, perché come il peccato aveva regnato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore»8. Ma cos’è la grazia? «È la vita stessa che Dio ci dà, quella vita che è egli stesso»9. Con la grazia noi possiamo davvero vivere l’adesione a Dio. Ma, se viviamo questa appartenenza a Dio, allora in noi non regna più il peccato; Dio ci ha trasferiti dalle tenebre della nostra condizione alla luce del Suo regno. Quale gioia ci prende il cuore a questa notizia! Tutto può essere perdonato, nulla può separarci da Lui, se noi lo vogliamo. Dio «mai si stanca di perdonare! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono»10. La grazia ci dà la forza per uscire da noi stessi, per poter amare davvero l’altra persona che ci sta davanti, come Cristo prima ha amato noi, perché soltanto così impariamo ad amare: vedendo come Qualcuno ci ama. Se questa è la grazia, con essa noi otteniamo la libertà. La libertà non è la possibilità di violare la norma, ma è la capacità di realizzare noi stessi. La nostra realizzazione passa attraverso di Lui; è vivere con Lui; è vivere ogni giorno con il sommo bene della nostra anima.

Allora capiamo un po’ meglio lo splendore di questo mistero e la letizia di questa festa! Maria è stata rivestita con questa grazia ancora prima di nascere ed essa l’ha accompagnata per tutto il corso della sua vita. In lei si è compiuto quel miracolo prodigioso per cui un’anima inizia a vivere di Dio; inizia a rivestirsi di lui solo! Pensate soltanto un attimo di incontrare una persona in cui non vi sia la bruttezza del peccato, nessun egoismo, nessun orgoglio… Quale meraviglia deve essere! In confronto tutte le ricchezze, tutte le glorie e gli onori che possiamo ricevere in una vita sembrano soltanto polvere. Così Maria! In lei non si trovò nessuna colpa, perché aveva trovato grazia agli occhi del Signore. Nonostante ciò non si è mai sottratta alla croce, anzi è sempre rimasta ferma in ginocchio davanti a Cristo crocifisso. Fermatevi a riflettere solo un po’ sul fatto che colei che è stata creata senza colpa, non abbia mai rifiutato di soffrire per amore di Gesù e nostro. Sì, anche nostro! Maria non conosceva tutti gli uomini per cui suo Figlio stava dando la vita, ma, amando Gesù, già li amava tutti. Così Maria ci testimonia che il peccato, quella realtà così triste e dolorosa che ci avvolgeva nelle tenebre, per cui sembrava impossibile essere amati ed amare, è stato vinto. Adesso Maria aspetta che i suoi figli la guardino, anche solo per un istante e le chiedano aiuto; così Lei potrà correre in nostro aiuto e, come solo una madre può fare, ci ricondurrà a Cristo. Per questo dobbiamo fissare lo sguardo su Maria e «guardando Maria noi ci facciamo coraggio, prendiamo speranza, perché solo dalla speranza nasce il coraggio! E se vediamo Maria, la Donna rivestita di sole, la Donna vincitrice, trionfatrice del peccato e della morte, se guardiamo a Maria, anche noi concepiamo speranza nel nostro cuore […] e nulla ci fa paura»11.


1 Tomas Tyn, Omelia sull’Immacolata Concezione, 8 dicembre 1985.

2 Pio IX, Lettera apostolica Ineffabilis Deus, 1854.

3 Lc 1,28.

4 Biffi, Omelia sull’Immacolata Concezione, 8 dicembre 1985.

5 Ibid.

6 Discorso ai rappresentati del consiglio della “chiesa evangelica di Germania” di Benedetto XVI, 23 settembre 2011.

7 Tomas Tyn, Omelia sull’Immacolata Concezione, 8 dicembre 1985.

8 Rm 5,20-21.

9 Tomas Tyn, Omelia sull’Immacolata Concezione, 8 dicembre 1985.

10 Cfr. Papa Francesco, Angelus, 17 marzo 2013.

11 Tomas Tyn, Omelia sull’Immacolata Concezione, 8 dicembre 1985.


Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, rielaborazione dalla foto di Fr. Lawrence Lew op, “Lady Altar”.

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Fra Paolo Maria Ignazio Zauli, nato a Bologna nel 1998, diplomatosi al liceo scientifico, ha emesso nel settembre del 2019 la professione semplice nell’Ordine dei Frati predicatori. Attualmente studia filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano.