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Domenica, 7 ottobre, anno di Grazia 1571: una coalizione numericamente inferiore e fragile di piccoli stati cristiani e una piccola parte di un grande impero cristiano sconfigge il grande impero ottomano in un colossale combattimento navale appena al largo delle coste della Grecia. Grande esultanza travolge l’Europa di allora, persino quegli stessi regni che avevano negato il loro aiuto alla implorante richiesta di Papa Pio V.

Sono passati alcuni giorni da Domenica, 7 ottobre, anno di Grazia 2018, ma permettetemi di richiamarne la memoria: 447 anni dopo l’epico avvenimento: nella ancor tumultuosa Europa, facente parte ormai di quella civiltà che si chiama Occidente e si estende ben oltre le Colonne d’Ercole, noi perplessi e fragili eredi di questa storia riflettiamo su questo evento nei modi più disparati: c’è chi semplicemente lo ignora, c’è chi lo seziona, considerandolo soltanto come punto di riferimento nella storia della guerra, dell’economia e dell’Occidente: in entrambi i casi nemmeno lontanamente si pensa che Nostra Signora del Santo Rosario abbia avuto qualcosa a che fare con esso…

E infine c’è chi semplicemente lo vede come un miracolo, e i miracoli implicano sempre il coinvolgimento della Madonna, madre del più grande Miracolo di tutti.

People who cannot see the value of Lepanto are half dead. Let them remain so[1]. “Le persone che non riescono a vedere il valore di Lepanto sono mezze morte. Che ci restino!”: così tradurrei il commento di Hilaire Belloc (1870-1953), scrittore francese naturalizzato britannico, al poema “Lepanto” dell’amico ugualmente scrittore – probabilmente più noto – Gilbert Keith Chesterton (1874-1936).

Giustamente solo un uomo mezzo morto – un mezz’uomo – non vede l’unica cosa che è necessario vedere per vivere: la realtà. E cosa ci dice la realtà di Lepanto? Che cosa comunica all’uomo di oggi, all’europeo di oggi, al cristiano di oggi? Che forse è tempo di una nuova crociata? È forse giunto di nuovo il tempo di combattere? E contro chi combattere?

Un cristiano ha il combattimento nel sangue, o meglio nell’anima: Cristo ci ha portato una “spada”[2], e anche quando ci dona la pace non ce la dona come il mondo, di fronte al quale bisogna indossare una salda armatura[3].

Sono scherzosamente colpevole di mettere Chesterton dappertutto, ma d’altronde se è vero che un generale combatte coi soldati che ha, ahimè io ne posso vantare ben pochi; soprattutto, mi piace citare Chesterton per due motivi: punto primo, di mio ho ben poco da dire; punto secondo, ciò che dice è vero.

Quale grande verità dice Chesterton su un fatto trito e ritrito, su un evento che l’inflazione di commenti ha quasi fatto finire nel dimenticatoio? Semplice: il cristiano è un cavaliere chiamato a combattere per la Croce…

Questo il fil rouge del mirabolante affresco tracciato da Chesterton: il Papa San Pio V invita tutti, sovrani, mercanti, guerrieri di professione, financo letterati[4] a combattere per la Croce: “The Pope has cast his arms abroad for agony and loss, / And called the kings of Christendom for swords about the Cross[5]”.

Soldati di Cristo chiamati a combattere sotto il Vessillo della Croce: di una guerra violenta si tratta? Sì, ma non di una guerra da combattere con le armi del corpo. Parliamo della guerra più atroce di tutte: quella nostra battaglia che, come dice San Paolo, “non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso[6].

Ecco forse perché, per combattere una battaglia così singolare il nostro Generale ci ha affidato una madre – e che Madre – per ricordarci, di tanto in tanto, che “il vero soldato combatte non perché egli odia ciò che è di fronte a lui, ma perché ama ciò che è dietro di lui”[7].


[1] H. Belloc, On the Place of Chesterton.

[2] Mt 10, 34: “sono venuto a portare non pace, ma spada”.

[3] Ef 6, 11: “Indossate l’armatura di Dio”.

[4] Miguel de Cervantes, autore del ben noto Don Chisciotte, partecipò all’impresa militare.

[5] G.K. Chesterton, Lepanto: “Il Papa nell’angoscia ha proteso le mani e invoca ai re cristiani le spade per la Croce”, traduzione di Rodolfo Caroselli.

[6] Ef 6, 10.

[7] G. K. Chesterton, Illustrated London News – 14.01.1911.

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Chi sono io? Se è vero che gli altri possono talvolta descriverci meglio di come ci definiremmo noi, vi lascio una definizione sintetica di un amico ed ex collega: "tu sei un fruitore di bellezza"... Che significa? Semplice. In tutto quello che ho vissuto finora, dallo studio maldestro della teologia alle immeritate Grazie nel lavoro come professore, dal calore della mia famiglia fino al colore delle tante amicizie, una cosa sola mi è sempre stata chiara: tutta questa Bellezza mi chiama da sempre, e ho scoperto che è solo andando più in fondo - non da solo, ecco perché c'è la Chiesa - che posso trovarla e sempre goderne, per poi annunciarLa agli altri, perché sappiate che «La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini» (G. K. Chesterton). Ecco perché mi son fatto domenicano... Per contattare l'autore: fr.piergiorgio@osservatoredomenicano.it