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La preghiera è il più urgente bisogno dell’anima umana, la si può paragonare, senza cadere in alcun errore, all’ossigeno per i polmoni o come alla luce per gli occhi. La preghiera cristiana è formata da pensieri e parole: pensieri che esplodono nella mente di ogni singola persona, dovute alle preoccupazioni del quotidiano vivere e di parole che si riuniscono; infatti, non si parla senza pensare e non si pensa senza parlare.

Alla mente che pensa fa eco il cuore che, al pari di quello del Salmista, canta il suo poema
(Sal 45,2), mentre la lingua si scioglie come la penna di uno scriba veloce (Sal 45,2). Ma fra tutte le parole che ho udito, le più affascinanti sono quelle del Padre nostro e dell’Ave Maria! Non è un caso, del resto. Le prime sono uscite dalla bocca di Gesù e sono forti come la tempra dell’uomo, ripiegato dal suo quotidiano lavoro. Le altre sono state pronunciate dall’arcangelo Gabriele e sono soavi come lo può essere solamente una carezza portata al mondo da un angelo.

Entrambe queste preghiere ci sono state date da Dio, che nella Sua somma sapienza attinge da un capo all’altro con fortezza e tutto dispone in soave armonia. Con il Padre nostro l’uomo ha fatto un passo determinante nella storia. Infatti, dagli ammonimenti dei profeti presenti nell’Antico Testamento al Nuovo Testamento, Gesù ha indicato all’umanità la bontà misericordiosa del Padre, per cui, a buon ragione, possiamo affermare che il timore vissuto per secoli è stato impregnato dall’Amore dell’Eternità. Invece, l’Ave Maria si può considerare una vera e propria sinfonia ripetuta alla Madonna che ogni buon cristiano dovrebbe innalzare.

La preghiera si tuffa nella contemplazione dei misteri di Dio, l’anima si eleva all’infinito; mentre, se la preghiera si fa supplica vocale, essa domanda a Dio i bisogni spirituali e materiali. Ma la verità sta solo nel saper abbandonare tutta la nostra volontà al divino volere, per lasciare a Dio la scelta di concedere le grazie che necessitiamo.

Facendo attenzione nel pronunciare le parole dell’Ave Maria, immediatamente s’imprime nello sguardo della nostra menti il fine supremo e ci accorgiamo come il nostro cuore si commuove. Dinanzi al mistero dell’Incarnazione del Verbo comprendiamo pienamente il fine principale della nostra vita: la salvezza dell’anima. Allora ci viene facile capire che per avere la salute non basta vivere, ma occorre vivere nel modo giusto, per noi questo significa vivere secondo virtù e tutte le cose temporali devono essere concepite come mezzi di virtù e non come semplici occasioni di sussistenza. È questo quello che ci insegna il miracolo fatto da Cristo alle nozze di Cana, dove viene a mancare il vino: gli sposi si vergognano, i commensali si agitano, mentre Maria interpreta i desideri di questi angosciati. È questo il primo prodigio operato da Gesù ed è un miracolo compiuto per intercessione della Madre.

Questo episodio ci deve rassicurare che la Madonna è sempre presente nei bisogni quotidiani di cui necessita la vita di ogni suo figlio, ma ancor di più nei bisogni dell’eternità, perché la salvezza dell’anima è quanto vi è di più principale e necessario fra le cose che possiamo conseguire.

Per questo motivo la B. V. Maria ha promesso, per chi recita il Santo Rosario, la salvezza dell’anima. Il frutto del Suo pregare per noi, come si chiede nell’Ave Maria, scende su di noi: sui giusti come sui peccatori; nei primi perché siano fortificati nel bene e possano risplendere in modo eccelso nella virtù, nei secondi affinché si convertano. Preghiamo! Così, mentre dalla terra salgono al cielo le nostre ferventi preghiere, dal cielo scendano sulla terra le celesti benedizioni.

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Fra Emanuele M. Facciolo nasce a Vibo Valentia il 25.12.1978 e trascorre gran parte della sua vita a Soriano Calabro, città di residenza della propria famiglia. La sua giornata fin dall’adolescenza si divide tra la scuola e il convento di san Domenico in Soriano. Ha modo di conoscerne la spiritualità, la vita dei frati, le epiche e miracolose vicende legate a quel santo luogo e di rimanerne sempre più affascinato. Si trasferisce a Roma per intraprendere gli studi in Ottica e Ortottica assistente in Ofalmologia, al termine dei quali ne consegue la laurea e diviene poi frate domenicano.