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Cari lettori, siamo arrivati al nostro quinto incontro sul Vangelo secondo Marco. Per chi di voi ne avesse piacere o curiosità, ecco un comodo link per recuperare l’articolo precedente.

Questo capitolo (Mc 5, 1-20) narra tre miracoli, di cui quello su cui ci soffermeremo, il primo, è forse il più conosciuto. Si tratta dell’esorcismo dell’indemoniato geraseno, una testimonianza dirompente della potenza di Cristo sulle potenze del male. Questo racconto è una vera e propria descrizione del demonio, per cui andiamo a fondo per apprendere di più sul nostro grande e terribile Nemico: Satana ha «la sua dimora fra le tombe»;1 è potente e (apparentemente) indomabile, al punto che «nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene»;2 vaga «fra le tombe e sui monti»;3 e che il diavolo vaghi di luogo in luogo dovremmo ricordarcelo sin dal libro di Giobbe: «Il Signore chiese a Satana: “Da dove vieni?”. Satana rispose al Signore: “Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo”»;4 non solo, egli grida e percuote, si percuote.5 Insomma, è il ritratto di una creatura sconfitta, eternamente sconfitta, e per ciò stesso disperata. E l’incontro con Gesù Cristo mette in luce questo limite invalicabile.

Assistiamo allo sconvolgente incontro del Creatore con la più ribelle delle sue creature, eternamente separata da Lui. E questo incontro ci rivela anche il mistero del male visto con gli occhi di Dio: i demoni si gettano ai piedi di Gesù, lo implorano, urlando, di non tormentarli, rispondono alle Sue domande, lo scongiurano, gli presentano suppliche…6

«Vi prego concedetemi di presentarmi / Io sono un uomo ricco e raffinato. / Sono stato in giro per tanti e tanti anni / Ho rubato anima e fede di molti uomini. / Ero presente quando Gesù Cristo / Ebbe il suo momento di dubbio e sofferenza / Ho voluto essere del tutto sicuro che Pilato / Si lavasse le mani e segnasse il suo destino / Piacere di incontrarvi / Spero che indovinerete il mio nome / Ma ciò che vi imbarazza / È la natura del mio gioco»: questo è l’inizio di una celeberrima canzone dei Rolling Stones, Sympathy for the devil. Una canzone, ahimè, trascinante, al punto da diventare un classico del Rock. Ma qui sta l’inganno: dobbiamo aver compassione del diavolo? Il dramma accaduto al povero geraseno ci svela un ordine di potenze, spirituale e immateriale, terribilmente al di là della nostra portata, eppure incapace di torcere un solo capello senza il Suo permesso. Già, il limite del male, e di ogni male, è quel Dio che passeggiava nella terra dei Geraseni come nel giardino del paradiso terrestre; è quel Dio che può liberamente disporre delle legioni infernali come dei mali fisici, morte compresa, che affliggono la vita degli uomini. Ed è quello stesso Dio che accetta di essere deriso perché descrive la morte come un sonno – non ha forse ragione? – e accetta di andarsene da un villaggio in cui ha compiuto un prodigio solo perché i suoi abitanti tengono più ai porci e al quieto vivere che alla salvezza dell’anima. Già, che grande paradosso, che grande Mistero…

Un ultimo appunto, spero non troppo irriverente. Perché Gesù ha permesso che i demoni andassero dai porci? Non poteva prevederne gli effetti? Non poteva scacciarli e basta? Dunque, andiamo per gradi. Anzitutto, se vi siete mai posti queste domande forse presupponete che i demoni esistano, e questo è molto consolante al mondo d’oggi, anche nella Chiesa! In secondo luogo, Cristo acconsente dimostrando così che essi necessitano del suo permesso per agire, perciò Gli sono – e Gli saranno sempre – sottomessi. Terzo: Gesù manda i demoni verso animali considerati da tutti impuri, proprio per dimostrare il luogo che, come le tombe, è loro congeniale, la lordura, il peccato, la morte.
Infine, vuole mostrare con un’analogia ben visibile tutto il terribile potere di cui queste legioni demoniache, ostili a Dio, sono capaci. Già, perché il diavolo dissimula, inganna, occulta la natura terribile del suo gioco (Rolling Stones). Tant’è vero che la reazione degli abitanti di quel luogo è sconsolante, deludente.

Ma la stessa delusione di ieri si ripete anche oggi, in un mondo che si indigna per i diritti violati agli animali, passando in sordina l’omicidio di un bimbo nel grembo materno; viviamo in un mondo che scende in piazza per difendere le foreste e non si fa scrupoli di mascherare il suicidio come un doveroso diritto: il buon Dio non ha mai svalutato alcuna delle Sue opere, certo, ma sicuramente ha «disposto ogni cosa con misura, numero e peso» (Sap 11,20); vediamo per una buona volta di rispettare anche noi quest’ordine nella realtà, questa è giustizia, unicuique suum, a ciascuno il suo.


1 Mc 5,3.

2 Ibidem.

3 Ibidem.

4 Gb 2,2.

5 Cf. Mc 5,5.

6 Cf. Mc 5,6-13.

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Chi sono io? Se è vero che gli altri possono talvolta descriverci meglio di come ci definiremmo noi, vi lascio una definizione sintetica di un amico ed ex collega: "tu sei un fruitore di bellezza"... Che significa? Semplice. In tutto quello che ho vissuto finora, dallo studio maldestro della teologia alle immeritate Grazie nel lavoro come professore, dal calore della mia famiglia fino al colore delle tante amicizie, una cosa sola mi è sempre stata chiara: tutta questa Bellezza mi chiama da sempre, e ho scoperto che è solo andando più in fondo - non da solo, ecco perché c'è la Chiesa - che posso trovarla e sempre goderne, per poi annunciarLa agli altri, perché sappiate che «La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini» (G. K. Chesterton). Ecco perché mi son fatto domenicano... Per contattare l'autore: fr.piergiorgio@osservatoredomenicano.it