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“Lago di Avigliana” (CC BY-NC-ND 2.0).

«Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare».

Per fare un esempio, abbiamo fra noi un frate polacco, quest’anno. Intanto che mangiavamo, mi ha detto che dalla Polonia gli hanno chiesto di scrivere un articolo sulla sincerità come condizione per una buona confessione. La sincerità ‒ è vero ‒ è «un sentimento imprescindibile per una relazione stabile che punti all’eternità», come dice l’omonima canzone di Arisa. Sì, ma perché? Che nesso c’è tra la sincerità e la stabilità ‒ addirittura eterna ‒ di una relazione?

Qualche annetto prima, la famosa canzone Almeno tu nell’universo («Tu, tu che sei diverso…») aveva offerto molti spunti sul tema. Curiosamente, infatti, nel ritornello, la parola “sincero” («Dimmi che per sempre sarai sincero») vi era messa in parallelo musicale con l’espressione “un sole” («Che non ruota mai intorno a me, un sole»). Forse perché «chi fa la verità viene alla luce» (Gv 3,21)? Chi è sincero, è lucente.

Sì, perché attraverso la persona sincera filtra la luce: è tersa, trasparente, cristallina. «Come un diamante in mezzo al cuore», precisa la canzone. Il diamante è fatto di carbonio esattamente come il carbone. Che cosa lo rende diamante? È genuino, cioè «non contiene sostanze estranee alla sua natura» (Garzanti). Proprio “genuino” è il significato etimologico della parola “sincerus”. Chi è sincero, è se stesso.

Sin”, una sola, “cer”, origine o natura. “Sin‒cer”, una sola natura. Dunque, un comportamento lineare, univoco: «Un punto sei, che non ruota mai intorno a me». Chi è sincero non si sdoppia, è “sin”, uno, e quindi, se ama qualcuno, lo ama davvero con tutto se stesso: «Un sole, che splende per me soltanto». Chi è sincero, è fedele.

«Sincerità, adesso è tutto così semplice».

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Lombardo, nato e cresciuto fra i rami del lago di Como, ha frequentato il liceo classico A. Volta di quella città, percorso comunicazione, dove ha imparato ad amare il greco – è un appassionato lettore dei vangeli nella loro forma originale – e le lingue in genere, non ultimo il proprio dialetto brianzolo. Ha poi recitato, all’età di 19 anni, il suo primo “Addio ai monti” per trasferirsi presso il Seminario ambrosiano di Seveso, ex convento domenicano e luogo in cui Carino da Balsamo col suo falcastro dava la morte a S. Pietro primo martire domenicano. Discernendo poi una chiamata più speciale, è entrato nell’Ordine dei predicatori. Ha emesso la sua prima professione religiosa il 3 settembre 2016. Baccelliere in filosofia, prosegue il suo studio della teologia. Per contattare l'autore: fr.stefano@osservatoredomenicano.it