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Fr. Pietro ha insistito tanto perché creassimo una rubrica biblica, di cui io ho proposto il titolo: Elia & Mosè. Credo di dover dare ragione di questa scelta, perché essa contiene una presa di posizione. L’aver scelto, innanzitutto, una definizione intrinsecamente biblica è già un volersi allontanare da una concezione accademista della Bibbia come mero oggetto di studio o campo di interesse, come lettera morta da approfondire cavillosamente.

Ma abbiamo rifiutato anche la classica dizione “Legge e Profeti” perché essa esprime soltanto la visione del Nuovo Testamento sull’Antico, e non ancora quella nuova unità in cui l’Antico è assunto “come nuova creatura” dal Nuovo. Il primo punto di questa nuova unità è l’introduzione di un approccio cristocentrico e personalista. L’evento della trasfigurazione non ci mette più di fronte a dei libri, ma a delle persone in comunione con la persona di Gesù Cristo. È in questa comunione che noi comprendiamo veramente il messaggio di Dio consegnato alle Scritture.

O meglio, è all’interno di questa fraternità divino-amicale che siamo veramente introdotti in quello che è lo scopo delle Scritture, ovvero essere coinvolti, ricevendo la sua viva voce, nella vita stessa di Dio. Riceviamo questa voce in modo al tempo stesso mediato e immediato: mediato per la presenza degli amici di Dio, i profeti e portavoce di Dio; immediato perché nell’evento dell’ascolto di fede è Dio stesso a rendersi presente, non solo e non tanto nelle parole quanto nella nostra interiorità.

La lettura della Scrittura riaccende una presenza già reale, fornendo alla nostra mente il nutrimento di cui ha bisogno per accoglierla, comprenderla e intrattenersi con essa. Ciò non significa che la Bibbia sia un pretesto. In essa è contenuta la buona notizia dell’Incarnazione, che ci dispiega la descrizione più veritiera del cuore di Cristo e del modo con cui egli ci viene incontro. Ciò che Gesù ha cominciato con i suoi apostoli e discepoli, da duemila anni continua a farlo attraverso il vangelo.

E i sacramenti? Sono essenziali. Ma ciò non toglie che, nella vita del cristiano, che non potrebbe esistere senza i sacramenti, la lettura della Bibbia ha un posto di rilievo: illumina e feconda la liturgia, offre il cibo quotidiano alla preghiera personale, costituisce il linguaggio comune nella condivisione di vita dei fedeli. Con questa prospettiva abbiamo desiderato fornire anche noi, fra le tante voci che parlano di Bibbia, la nostra proposta di lettura e approfondimento.

Noi domenicani osiamo fare del vangelo, come il nostro santo padre Domenico, il nostro amico inseparabile. Osiamo leggere e rileggere le pagine delle sante e venerabili Scritture, senza né la preoccupazione di dover mettere le mani avanti per non apparire, a noi stessi e agli altri, protestanti, né la paura di scoprire, leggendole a lungo, che in fondo, quel Dio che le ha scritte era cattolico.

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Lombardo, nato e cresciuto fra i rami del lago di Como, ha frequentato il liceo classico A. Volta di quella città, percorso comunicazione, dove ha imparato ad amare il greco – è un appassionato lettore dei vangeli nella loro forma originale – e le lingue in genere, non ultimo il proprio dialetto brianzolo. Ha poi recitato, all’età di 19 anni, il suo primo “Addio ai monti” per trasferirsi presso il Seminario ambrosiano di Seveso, ex convento domenicano e luogo in cui Carino da Balsamo col suo falcastro dava la morte a S. Pietro primo martire domenicano. Discernendo poi una chiamata più speciale, è entrato nell’Ordine dei predicatori. Ha emesso la sua prima professione religiosa il 3 settembre 2016. Baccelliere in filosofia, prosegue il suo studio della teologia. Per contattare l'autore: fr.stefano@osservatoredomenicano.it